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Cittadinanza per via materna

Con ordinanza in data 13 febbraio 2019, il giudice Cristiana Ciavattone, della 18ª sezione del Tribunale Civile di Roma, giudicando nel ricorso R.G. 26968/2018, patrocinato dal sottoscritto, con il quale si chiedeva il riconoscimento della cittadinanza italiana dei ricorrenti per via materna, in accoglimento della loro domanda, ha dichiarato che i ricorrenti sono cittadini italiani, ordinando al Ministero dell’Interno e per esso all’ufficiale dello stato civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazione di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza dei ricorrenti, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti.

In effetti, oltre alla via giudiziale di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza per via paterna, apertasi solo recentemente in luogo di quella amministrativa a seguito della impossibilità pratica dei vari consolati generali italiani all’estero, in particolare in Brasile, di evadere le richieste di cittadinanza in tempi brevi e certi (sulla quale vedi il mio post del 1 febbraio 2019), esiste la via giudiziale di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza per via materna, per le situazioni maturatesi prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana 1 gennaio 1948.

La questione può riassumersi nei seguenti termini.

Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 1, n. 1, della legge n. 555 del 1912 (Disposizioni sulla cittadinanza italiana), nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino per nascita anche il figlio da madre cittadina, nonché in considerazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 1975, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma terzo, della detta legge 13 giugno 1912,n. 555, nella parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna che si sposava con cittadino straniero, in quanto comminava una gravissima di disuguaglianza morale, giuridica e politica dei coniugi e poneva la donna in uno stato di evidente inferiorità, privandola automaticamente, per il solo fatto del matrimonio, dei diritti del cittadino italiano, in tal modo violando l’articolo 29 della Costituzione, i discendenti per via materna di una persona di sesso femminile alla quale il padre, cittadino italiano, aveva trasmesso la cittadinanza italiana prima dell’entrata in vigore della Costituzione, per ottenere il riconoscimento del loro status civitatis possono rivolgersi al giudice italiano per ottenere la declaratoria di cittadinanza.

Il giudice capitolino, nel motivare l’ordinanza di riconoscimento della cittadinanza italiana, oltre alle citate sentenze del giudice delle leggi, ha citato la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, “ la titolarità della cittadinanza italiana va riconosciuta in sede giudiziaria, indipendentemente dalla dichiarazione resa dall’interessata ai sensi della L. n. 151 del 1975, art. 219, alla donna che l’ha perduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente al 1 gennaio 1948, in quanto la perdita senza volontà della titolare della cittadinanza è effetto perdurante, dopo la data indicata, della norma incostituzionale, effetto che contrasta con il principio della parità dei sessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi (art. 3 e 29 Cost.). Per lo stesso principio, riacquista la cittadinanza italiana dal 1 gennaio 1948, anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della L. n. 555 del 1912, determinando il rapporto di filiazione, dopo l’entrata in vigore della costituzione, la trasmissione a lui dello stato di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto senza la legge discriminatoria” (Cass. SSUU sentenza n. 4466 del 2009).

In buona sostanza, prima dell’entrata in vigore della costituzione repubblicana del 1 gennaio 1948, le figlie femmine di cittadini italiani maschi, che avevano loro trasmesso la cittadinanza italiana, non potevano, a loro volta, trasmetterla ai loro discendenti, stante il divieto posto dalla legge 13 giugno 1912, n. 555.

Successivamente all’entrata in vigore della costituzione repubblicana e per effetto delle citate sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, ora è possibile trasmettere la cittadinanza italiana anche per via materna per le situazioni maturatesi prima dell’entrata in vigore della citata costituzione e ciò si può ottenere soltanto ricorrendo alla via giudiziale.

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